Gli effetti delle nomine dei precari online sono lampanti: ogni precario viene costretto a indicare le sedi al buio, sperando che quelle sedi siano disponibili nel momento in cui il sistema arriva alla sua posizione. La compilazione delle preferenze è un’operazione complessa, che richiede conoscenza e comprensione del meccanismo delle nomine, capacità di massimizzare le chances a disposizione, e attenzione visiva nella compilazione delle domande: capacità che, nell’assenza assoluta dell’Amministrazione, ognuno dovrebbe acquisire autonomamente. Così la maggioranza dei precari è destinata a sbagliare: e di qui il ricorso ai sindacati, che devono sostituire l’Amministrazione ma non con condizioni migliori. In secondo luogo, le nomine, partendo da graduatorie errate, sono effettuate senza trasparenza: gli uffici scolastici non ne conoscono il funzionamento, hanno solo il vantaggio che possono leggere le domande degli aspiranti senza chiedere loro l’autorizzazione. In terzo luogo, ed è l’effetto più disastroso, l’intersezione tra posti disponibili e scelte dei vari “giocatori”, stravolge l’ordine delle posizioni in graduatoria, per cui occupare una posizione più alta in graduatoria non è di per sé vantaggioso: il caso vi gioca una parte importante. Nei fatti, migliaia di precari storici sono risultati privi di incarichi e al loro posto sono state nominate persone con punteggi decisamente minori e/o che non avevano mai insegnato, moltiplicando il personale precario e rendendo tutti più instabili. In quarto luogo, questo sistema di nomine online richiede decine di convocazioni supplettive e di rettifiche, per cui le nomine online terminano tra fine dicembre e gennaio. Nel frattempo, le classi restano, anche per mesi, senza docenti.
Dopo oltre un anno di richieste di accesso e ricorsi alla commissione governativa per la trasparenza e al TAR del Lazio, accolti entrambi ma a lungo inevasi, il Ministero ci ha dato parziale accesso ai file contenenti le istruzioni impartite al programma informatico per le nomine provinciali di supplenza. Per quanto si è capito con l’ausilio di esperti informatici, l’algoritmo funziona per simulazioni successive, attribuendo a ciascun precario le sedi indicate secondo l’ordine di preferenza, e procedendo per successive sottrazioni: le sedi indicate da un aspirante gli vengono progressivamente sottratte se vengono assegnate ad altri in posizione superiore. Quando il sistema arriva alla sua posizione, gli assegna il primo posto disponibile secondo il suo ordine di preferenze. Se tutti i posti da lui indicati vengono assegnati ad altri in posizione superiore, ma il sistema arriva a convocarlo, per la disponibilità di posti da lui non indicati, non potendo essere nominato, risulta rinunciatario. Se poi per effetto di rinunce di chi lo precedeva in graduatoria, o di disponibilità sopraggiunte, si rendono disponibili posti che egli aveva indicato, l’aspirante che non aveva indicato nessuna delle sedi disponibili nel momento della sua convocazione, viene escluso ai successivi turni di nomina per quella graduatoria. Ciò perché l’algoritmo segue il comma 10 dell’articolo 12, che recita: L’assegnazione dell’incarico rende le operazioni di conferimento di supplenza non soggette a rifacimento. La rinuncia all’incarico preclude, altresì, il rifacimento delle operazioni anche in altra classe di concorso o tipologia di posto. Le disponibilità successive che si determinano, anche per effetto di rinuncia, sono oggetto di ulteriori fasi di attribuzione di supplenze nei riguardi degli aspiranti collocati in posizione di graduatoria successiva rispetto all’ultimo dei candidati trattato dalla procedura, fatto salvo il diritto al completamento di cui al successivo comma 12. E’ questa norma che determina il procedere dell’algoritmo verso il basso, senza possibilità di “ripescare” gli esclusi se si rendono di nuovo disponibili i posti da essi indicati. Con i documenti forniti dal Ministero, non è possibile verificare se l’algoritmo funzioni in modo coerente con le norme. Per farlo, occorrerebbe verificare il funzionamento del sistema disponendo delle indicazioni delle sedi nell’ordine di preferenza di un certo numero di aspiranti. Per acquisire questi dati coperti da privacy, occorre, in base alle norme sulla trasparenza, esibire un motivo di tutela, che non può essere l’esigenza di controllare in modo generalizzato il funzionamento della Pubblica Amministrazione. In sintesi, non si può verificare in modo certo che le nomine siano corrette.
L’algoritmo potrebbe funzionare in altro modo? Sarebbe possibile un algoritmo che ripescasse gli aspiranti esclusi dal turno precedente? La risposta è positiva: un algoritmo, finito un turno di nomine, può ripartire al turno successivo da una posizione o da un’altra. Ma, per cambiare l’algoritmo, bisogna abrogare la norma dell’articolo 12, comma 10, creata per evitare la riconvocazione in presenza delle medesime persone già convocate che non avevano accettato posti disponibili, per offrire loro posti che, al momento della loro scelta, non erano disponibili. Ma, in un sistema governato da un algoritmo, la norma risulta priva di senso: e perciò, si potrebbe abrogare. Oppure, più semplicemente, si può ritornare alle nomine in presenza, per garantire la trasparenza ed evitare le attuali distorsioni.
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