Ci è pervenuta una lettera che il segretario nazionale della FLC-Cgil Mimmo Pantaleo ha mandato alle sedi della sua organizzazione sullo sciopero convocato dai Cobas durante gli scrutini di giugno, inviataci da qualcuno/a che si definisce “militante Cgil”.
In passato è accaduto che ricevessimo materiale della Cgil su questioni interne: ed abbiamo sempre ritenuto scorretto, nonostante la “guerra” che la Cgil ci fa da sempre e la sottrazione di diritti sindacali ai Cobas di cui è tra i massimi responsabili, diffonderlo “urbi et orbi”. Stavolta però la situazione è assai diversa, perché nella lettera si attacca frontalmente – quasi un “inno al crumiraggio” – una forma di lotta che, con notevole impegno e fatica, stiamo organizzando, in stretta collaborazione con il movimento dei precari che quest’anno è stato l’avanguardia della lotta in difesa della scuola pubblica: e lo si fa con argomenti che costituiscono un attacco non solo al nostro ma a qualsiasi forma di sciopero, riecheggiando tesi delle forze conservatrici contro le lotte sociali.
C’è un ulteriore motivo che ci spinge a diffondere la lettera di Pantaleo e questa nostra risposta: la lettera appare l’estrema carta del gruppo dirigente FLC per impedire che tra gli iscritti/e Cgil si diffonda il sostegno allo sciopero. Frasi come: “in queste ore si sta alimentando la discussione sullo sciopero durante gli scrutini”..”comprendo le difficoltà del momento, ma solo se abbiamo chiaro e condividiamo obiettivo e strategia, potremo sperare…” dimostrano (del resto tale dissenso era già emerso durante il congresso FLC) quanto è diffusa la voglia di fare qualcosa di incisivo per bloccare l’ultimo sanguinoso assalto alla scuola, i 41 mila tagli di posti di lavoro che massacrano l’istruzione e i precari; e quanto poco “obiettivi e strategia” della FLC siano “chiari e condivisi”.
Lo sconcerto nelle fila Cgil è comprensibile. Nonostante la ben nota “fedeltà” alla casa-madre – che sovente appare una specie di lascito inossidabile della Cgil di Di Vittorio e del PCI di Togliatti – anche il più incallito fan del gruppo dirigente FLC vede la stridente contraddizione tra le roboanti dichiarazioni e l’assoluta inesistenza di forme di lotta adeguate. Circa un mese fa, un documento FLC invitava alla mobilitazione con questi termini: “La scuola italiana sta vivendo il periodo più buio che si ricordi con conseguenze pesanti non solo sul personale ma anche sulla qualità del nostro sistema formativo fino a mettere in seria discussione lo stesso diritto all’istruzione”. Però, a tali drammatiche ma pertinenti constatazioni non è seguita alcuna iniziativa di lotta. E durante il congresso nazionale FLC, malgrado molti delegati invocassero la partecipazione allo sciopero degli scrutini, la montagna ha partorito il “topolino” degli “Stati generali della scuola” per il prossimo autunno che, oltre a non poter essere spacciati per una seria forma di lotta, giungerebbero “a babbo morto”, dopo la cancellazione di altri 41 mila posti di lavoro e l’espulsione dei precari.
Alla luce di questa sconcertante contraddizione, un militante Cgil potrebbe legittimamente sospettare che tutte le iniziative prese dalla FLC dall’autunno 2008 ad oggi siano state svolte “obtorto collo” per il timore di essere sopravanzati dai Cobas (vero e proprio “tarlo” della Cgil scuola a partire dal 1987) e in generale dal movimento della scuola pubblica: e che alla fin fine il gruppo dirigente FLC non ritenga poi la politica di Gelmini-Tremonti molto diversa da quella di Fioroni-Padoa Schioppa o di Berlinguer (in effetti non lo è: e i Cobas si batterono anche contro quelle), con le quali a suo tempo la Cgil – all’opposto di noi – aveva abbondantemente colluso.
Veniamo dunque al merito della lettera di Pantaleo, con una prima osservazione che è anche una risposta a quegli iscritti Cgil che ci rimproverano “durezza” nei confronti della loro organizzazione. In tutta la lettera, come sempre nelle dichiarazioni o documenti della Cgil scuola, non compare mai la parola Cobas. Lo sciopero durante gli scrutini è stato convocato dai Cobas, e ciò è ben noto a Pantaleo: ma nella lettera diveniamo “alcune associazioni sindacali”. In questi anni la Cgil scuola ha usato mille eufemismi per non far comparire mai la temuta parolina Cobas, sprofondando spesso nel ridicolo. Mentre la parola Cobas veniva usata quasi quotidianamente nei massmedia italiani, circolava negli appuntamenti di rilievo del movimento mondiale anti-liberista, veniva studiata in saggi e tesi di laurea come unica esperienza di sindacato fatto da “volontari” che restano sul posto di lavoro senza distacchi, e non da professionisti della contrattazione, la FLC-Cgil scuola si convinceva che bastasse non formulare la parolina e i Cobas sarebbero prima o poi spariti. Il che corrisponde al fatto sostanziale che la Cgil si è battuta in questi anni per togliere i diritti sindacali (di assemblea in primis, che è il diritto di ogni lavoratore/trice di fare assemblee con chi vuole) ai Cobas: dal chè l’impossibilità di avere con tale organizzazione rapporti sereni.
Ed eccoci al contenuto centrale della lettera. Pantaleo spiega all’organizzazione perché non va fatto lo sciopero durante gli scrutini. Il primo argomento usato è davvero grave. Scrive Pantaleo: “Abbiamo la necessità in questa fase di costruire alleanze con tutti i soggetti che si oppongono al progetto di questo governo contro la scuola pubblica…e una forma di protesta che danneggerebbe in primo luogo gli studenti e le famiglie non ci pare congruente con tale obiettivo”. Ora, a parte che è uno sciopero in difesa della scuola pubblica e non su temi corporativi, Pantaleo non può non sapere dove porta una simile affermazione, perché è l’argomento con il quale sono stati attaccati tutti gli scioperi nell’ultimo ventennio: e cioè che essi “danneggiano” i cittadini. Certo, questo pensiero è congruo con l’accettazione (anzi, con la formulazione, visto che tale legge venne partorita da giuristi di area Cgil, Cisl e centrosinistra) della legge 146 “anti-Cobas” del 1990 che, dopo decenni in cui i sindacati avevano tuonato contro ogni limitazione del diritto di sciopero, lo ridusse drasticamente, dopo la comparsa dei Cobas e del sindacalismo alternativo che mettevano in discussione il monopolio “divino” di Cgil-Cisl-Uil.
Ma, applicato alla lettera, tale principio avrebbe dovuto portare la FLC a non convocare alcuno sciopero negli ultimi anni. Perché anche lo sciopero di una giornata “danneggia” gli studenti che devono rinunciare all’istruzione o i genitori con “il tempo pieno” che non sanno dove sistemare il bimbo/a: anzi, il “danno” appare ben maggiore che il ritardo di uno scrutinio, che non sottrae istruzione. D’altra parte, che senso avrebbe uno sciopero che non incide per nulla sulle attività della scuola? Se niente si modifica nella vita della scuola, perché farlo? Masochismo?
Che la tesi sia insostenibile e del tutto strumentale lo dimostra poi la terza delle motivazioni addotte da Pantaleo contro lo sciopero durante gli scrutini: “L’efficacia dello sciopero degli scrutini è marginale: in caso di sciopero il dirigente scolastico è tenuto a riconvocare gli scrutini entro cinque giorni, quindi la protesta si tradurrebbe in un mero spostamento di date”. Cioè: dopo aver scritto che lo sciopero “danneggia” studenti e genitori, si sostiene il contrario, che lo sciopero è inutile perché si traduce in un “mero spostamento di date”. Pantaleo finge di ignorare che cinque giorni di spostamento creano un ingorgo burocratico non da poco, visto che, se impediremo ai capi di istituto di convocare scrutini illegali prima della fine delle lezioni, ad esempio il tempo a disposizione nelle superiori prima degli esami di maturità sarà ben ristretto, dando allo sciopero ancora maggiore visibilità. Certo, se la Cgil non avesse sottoscritto, pur di stoppare i Cobas, la legge 146, che impedisce di scioperare per più di due giorni, l’effetto sarebbe assai maggiore; ma la sfida è anche questa: recuperare forme di lotta davvero incisive e paganti.
E all’uopo la memoria non può soccorrere Pantaleo che si occupa di scuola da pochissimo, visto che a lui è accaduto quello che capita a tanti sindacalisti di mestiere che vengono spostati da un giorno all’altro in settori di cui non sanno nulla o quasi. E’ un falso clamoroso che “la storia di questa forma di lotta sta a dimostrare che anche nei suoi momenti più alti alla fine tutto è rapidamente rientrato”. Lo sciopero degli scrutini che segnò l’esplosione (biennio 1987-88) dei Cobas durò da gennaio-febbraio (scrutini intermedi) fino a giugno, dette estrema visibilità e forza alla lotta, la diffuse in migliaia di scuola, mobilitando decine di migliaia di docenti grazie alla facilità della sua esecuzione, al costo limitato (trattenuta oraria) e al fatto che non toccava il diritto all’istruzione: e il contratto che si ottenne alla fine, anche se allora criticato da noi, resta economicamente il più avanzato del dopoguerra, mentre tale lotta bloccò la privatizzazione, la mercificazione e l’impoverimento della scuola pubblica fino all’arrivo di Attila Berlinguer.
C’è un ultimo argomento impiegato da Pantaleo contro lo sciopero ed ha la stessa pretestuosità dei precedenti: il fatto che lo sciopero “coinvolge solo il personale docente e solo quello delle classi non terminali…con seri dubbi sul reale coinvolgimento dei docenti della scuola primaria”. Innanzitutto, lo sciopero riguarda tutte le attività scolastiche: dunque coinvolge anche gli Ata. E non solo “senza bidelli non si aprono i cancelli”; ma il blocco del lavoro Ata interrompe anche le attività burocratiche preparatorie e successive allo scrutinio vero e proprio. Poi, lo sciopero coinvolge anche i docenti delle classi terminali, visto che il numero di essi che hanno solo tali classi è minimo. E’ vero che la scuola primaria non ha un ruolo centrale in questo sciopero: ma questo è successo, al contrario, anche durante le lotte in difesa del Tempo pieno o contro la “maestra unica”, temi che toccavano solo la scuola primaria e che, ciò malgrado, hanno portato agli scioperi, Cobas ma anche FLC, tutti gli ordini di scuola. D’altra parte, il colpo più grosso questo anno non lo hanno ricevuto le scuole superiori con la “riforma Gelmini”?
Due note finali sulla lettera: noi non consideriamo questo sciopero “il non plus ultra delle forme di lotta” (lo potrebbe essere, casomai, se non ci fossero limiti al diritto di sciopero) e non ci è mai passato per la testa di “agitarlo strumentalmente contro la Cgil” (esempio di megalomania da “grande-Cgil”). Semplicemente, risulta, qui ed ora, l’unica forma visibile a fine anno e quella fortemente richiesta dal movimento dei precari – che ha smosso fin da questa estate la “morta gora” del conflitto, con iniziative originali (l’invasione dei tetti, l’occupazione degli USP, i picchetti precari ecc..) che abbiamo contribuito ad organizzare – per recuperare forme di lotta incisive, scippateci in barba alla Costituzione. Ci auguriamo dunque che, malgrado l’anatema di Pantaleo, tanti iscritti/e Cgil non aspettino i mitici Stati Generali d’autunno e collaborino al successo di uno sciopero per evitare il massacro della scuola pubblica e l’espulsione spietata di decine di migliaia di docenti ed Ata.
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