Il Disegno di Legge del governo Lega-5Stelle sull’Autonomia differenziata di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna porta a disastroso compimento la riforma costituzionale del Titolo V del 2001 (approvata dal governo dell’allora centro-sinistra) e intende dare a tutte le regioni che ne assumeranno l’iniziativa la competenza esclusiva su diverse materie, tra cui, oltre alla Sanità, l’Istruzione. Quest’ultima verrebbe organizzata in base alle disponibilità economiche territoriali, con uno Stato che abdicherebbe alla propria funzione istituzionale, acuendo il divario economico e sociale tra Nord e Sud, tra regioni ricche e povere, emarginando i più vulnerabili e indifesi. In base al DL, tutte le materie oggi proprie dello Stato in merito all’Istruzione sono trasferite alle regioni: finalità, funzioni e organizzazione dell’istruzione e formazione; valutazione degli studenti (Invalsi) con indicatori territoriali specifici; percorsi di alternanza scuola-lavoro e formazione dei docenti; contratti regionali per il personale; programmazione integrata tra istruzione e formazione professionale; definizione del fabbisogno regionale del personale e sua distribuzione nel territorio; criteri per il riconoscimento della parità scolastica e dei finanziamenti; organi collegiali e loro funzionamento; istruzione degli adulti e tecnica superiore; fondo pluriennale per l’Università; trasferimento delle risorse umane e finanziarie dell’USR e Ambiti Territoriali alla regione; procedure concorsuali con ruolo regionale; percentuale del personale che si può trasferire dalle altre regioni, esclusi i DS; applicazione della disciplina del personale iscritto con ruolo regionale ai docenti non abilitati.
E’ facile capire che l’ulteriore e massiccia divaricazione socio-economica tra Nord e Sud comporterebbe un irrimediabile e definitivo dislivello tra le due parti dell’Italia con costi sociali elevatissimi, rischiando di abbandonare i giovani delle regioni più povere ad essere preda della malavita organizzata, che soprattutto in quei territori trova ancora manovalanza a basso costo. La regionalizzazione farebbe scomparire il carattere unitario dell’istruzione, a partire dai programmi e dal reclutamento di docenti e ATA, creando divaricazioni stipendiali tra lavoratori/trici presenti nelle stesse scuole, a seconda che siano “assoggettati” al sistema regionalistico o a quello residuale statale, con alcuni gravi interrogativi rispetto ai criteri di reclutamento, al loro inquadramento giuridico e alla posizione rispetto al contratto nazionale.
La Lega, che domina il governo, ha tratto enorme vantaggio da una politica e un’ideologia razziste, xenofobe, “securitarie”, ostili ai migranti e ai più deboli; ma il suo “core business” a Nord resta l’autonomia finanziaria ed economica come surrogato del vecchio separatismo. E dunque la Lega vuole portare al più presto a casa questa autonomia, mentre il M5S ha già abbondantemente dimostrato che, pur di restare al governo, è disposto a rinunciare ai suoi sbandierati “cavalli di battaglia”. Quindi, l’allarme deve essere massimo e le risposte forti e tempestive da parte del mondo della scuola. In particolare è decisivo che in tempi rapidi tutti i sindacati della scuola, al di là delle divergenze su altri punti, ritrovino quell’unità che raggiunsero il 5 maggio del 2015, con il più grande sciopero (pari solo a quello del 17 febbraio 2000 che cancellò il “concorsaccio” di Berlinguer) della storia della scuola italiana. Facciamo dunque appello agli altri sindacati affinché si arrivi, con l’adesione anche delle associazioni e comitati in difesa della scuola pubblica e facendo seguito al Tavolo unitario già costituito, ad una grande giornata di sciopero con la partecipazione corale del personale scolastico, oltre che degli studenti, che porti in piazza il popolo della scuola pubblica per bloccare il disastroso progetto di disgregazione del sistema scolastico nazionale.
Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS
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