La scuola pubblica statale italiana versa ormai in una situazione drammatica in seguito ai forsennati tagli imposti da tutti i governi degli ultimi anni e in particolare dal duo Tremonti-Gelmini i quali, in un colpo solo, hanno tolto 8 miliardi alla scuola: classi pollaio, dismissione graduale di tempo pieno e compresenze; non rispetto dei parametri per l’assegnazione del sostegno (a meno di costosi ed estenuanti ricorsi da parte delle famiglie); non rispetto della continuità didattica a causa di un corpo docente costretto a una perenne migrazione; decimazione del personale ausiliario, tecnico e amministrativo con gravi conseguenze sull’attività amministrativa, sulla pulizia delle scuole, sulla sorveglianza degli studenti.
La risposta del governo Letta a questo stato di cose è in palese continuità con i governi precedenti, in quanto:
destina una misera manciata di posti in ruolo ai docenti precari (11.268, erano 21.112 lo scorso anno, 30.500 due anni fa) e al personale ATA (5.336 per i collaboratori scolastici e 3.500 per amministrativi e tecnici, peraltro non ancora autorizzati a causa dello stallo imposto dalla vertenza dei cosiddetti inidonei): posti che non riescono neanche lontanamente a coprire il numero dei pensionamenti e che erano già stati destinati ai precari dal governo Monti
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taglia sempre più pesantemente gli organici dei docenti delle superiori, accompagnando senza discutere l’attuazione del penultimo anno della “riforma” Gelmini
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cerca di imporre i BES come ulteriore meccanismo di taglio dei docenti di sostegno e come futura dismissione della “via italiana” all’integrazione dei diversamente abili nelle classi comuni
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non prova neanche a fermare lo “scippo” della monetizzazione ferie non godute imposto ai precari dal precedente governo
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rifiuta di prendere concretamente in considerazione gli effetti devastanti della “norma della vergogna” con la quale si vorrebbero deportare i docenti cosiddetti inidonei, insieme agli ITP classi di concorso C555 e C999 sui posti dei precari amministrativi e tecnici, che verrebbero così definitivamente licenziati dopo anni ed anni di lavoro
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non sa neppure quale sia il numero esatto del personale “quota 96”, ovvero dei lavoratori che non riescono ad andare in pensione come sarebbe nel loro diritto, bloccando così ulteriori posti per il personale precario sia docente che ATA
Non sono questi i numeri di cui la scuola ha bisogno per garantire il diritto allo studio!
Non sono questi i numeri per rispettare almeno le norme europee che prevedono l’assunzione a tempo indeterminato dopo 3 anni di precariato.
Ma è finito anche il tempo del lamento sterile e della recriminazione. Nel momento in cui come Cobas Scuola ribadiamo la richiesta di
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ritiro dei tagli Gelmini e di tutti i provvedimenti attuativi
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immissione in ruolo su TUTTI i posti disponibili in organico di diritto e di fatto
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sblocco completo del turn over e abolizione della legge Fornero
Rilanciamo nello stesso tempo la necessità delle mobilitazioni e delle lotte che i Cobas portano avanti sui territori per fermare la dismissione della scuola pubblica e statale: per il diritto all’istruzione; per il diritto al lavoro del personale della scuola, precario e non solo:
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Con i docenti cosiddetti “inidonei”, che nel corso di una pluriennale vertenza hanno saputo saldare, nella comunanza degli obbiettivi, i vari spezzoni di categoria: insegnanti tecnico-pratici, “quota 96”, precari (amministrativi, tecnici e docenti)
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Con i docenti di sostegno che sui territori aprono vertenze di lotta per il rispetto degli organici
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Con le famiglie che promuovono ricorsi collettivi
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Per l’avvio di una campagna volta allo sblocco di 25.000 cattedre per i precari finalizzate all’insegnamento della materia alternativa senza oneri aggiuntivi per lo stato
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Per il rilancio delle campagne di non-collaborazione e di boicottaggio dei test Invalsi
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2 comments on “Scuola precaria: è tempo di mobilitazione”
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